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Mirbeau, Octave-Henri-Marie.

Scrittore e drammaturgo francese. Educato in un collegio di Gesuiti, entrò nell'amministrazione dello Stato; si dedicò quindi al giornalismo, prima fra le fila dei conservatori, poi fra quelle dei progressisti. Collaboratore del "Figaro", nel 1883 fondò, insieme a Hervieu e Capus, il settimanale satirico "Les Grimaces", dalle cui colonne incoraggiò le nuove tendenze letterarie e artistiche, prima fra tutte la nascente pittura impressionista. La carriera letteraria vera e propria iniziò nel 1885 con la raccolta di novelle Lettere della mia capanna, cui fece seguire l'anno dopo il romanzo Il calvario. Sono opere violentemente naturaliste e improntate a un nichilismo satirico piuttosto crudo, elementi questi che si accentueranno ancor più nei romanzi successivi: L'abate Giulio (1888), Il giardino dei supplizi (1899), Il diario d'una cameriera (1900), in cui si fondono libertinismo e satira sociale. Grande scandalo suscitò anche la sua produzione come drammaturgo, a causa del realismo e della crudezza del linguaggio messo in scena. Fra i suoi lavori teatrali ricordiamo, oltre a Gli affari sono affari (1903), considerato il suo capolavoro, L'epidemia (1898) e I cattivi pastori (1898). Politicamente anarchico, abbandonò il movimento dopo l'assassinio di Carnot, il che non gli impedì di partecipare attivamente alla lotta politica su posizioni progressiste, distinguendosi durante "l'affare Dreyfus" per la ferma battaglia in sua difesa (Trévières, Calvados 1848 - Parigi 1917).